Reuben Sachs e altri racconti di Amy Levy

Titolo Originale: Reuben Sachs: A Sketch

Pagine: 300

Protagonisti: Reuben, Judith

Genere: Narrativa

Casa Editrice: Darcy Edizioni

Data di Uscita: 10 Settembre 2019

Reuben Sachs e altri racconti di Amy Levy

Il giovane promettente avvocato Reuben Sachs, appartenente a una delle famiglie ebree più in vista di Londra, è tornato da un viaggio prescrittogli dal medito per motivi di salute. Ad attenderlo è l’amorevole madre, l’isterica sorella, una serie di amici intimi e parenti di discutibile carattere, ma soprattutto la bella Judith.

Attratti l’uno dall’altra, sembra che Reuben si sia convinto delle intenzioni verso la ragazza, se non fosse che ella appartiene a una classe sociale minore e chiaramente osteggiato dalla propria famiglia che non la considera affatto come degna di loro, egli riflette sull’interesse economico che ne verrebbe da una simile unione. Durante una serata tra amici, Judith aspetta l’arrivo di Reuben, in ritardo per motivi di lavoro che lo trattengono in tribunale. A farle compagnia è il ricco, Gentile e impacciato Bertie Lee-Harrison, legato alle famiglie nobili di Londra.

È quella sera che si crea un triangolo d’amore e gelosia tra Reuben, Judith e Bertie, un momento di verità breve come un soffio, caduco come la vita di un fiore, il geranio che Judith tiene appuntato sul petto e schiacciato dal geloso Reuben. Chi dei due giovani sposerà la bella ma povera figlia di un bibliofilo? E che ne sarà dell’innamorato che la perderà?

Una storia dal finale inaspettato, che rivela tutta l’intenzione dell’autrice a non cedere a facili sentimentalismi, al lieto fine per forza quasi d’obbligo per i romanzi del tempo, soprattutto pronta a sacrificare l’amore per rispettare la vita reale.

Davanti a libri così perfetti, sia dal punto di vista stilistico che emotivo, mi chiedo con quale faccia di bronzo io osi parlarvene.

Vanno letti, amati, assorbiti, ossequiati e mai, assolutamente mai, criticati o raccontati. Perché è impossibile farlo.

Impossibile rendere l’ignaro lettore partecipe della costante sensazione di stupore e meraviglia che solo la bellezza può fornirti. Devi viverlo. Devi entrare tu a passo di danza nel testo e renderti conto di cosa significhino arte, talento e esperienza.

Sì, perché parliamo di una grande, e forse troppo poco conosciuta, autrice che ha reso arte la quotidianità di una donna straordinaria, capace come la Woolf di ribellarsi ai suoi tempi, di innovare la struttura sociale anche solo con il suo “no”, e di portare un sorso di futuro nel suo rarefatto e soffocante presente.  

Amy nasce a Londra nel 1861 in pieno periodo vittoriano, da una famiglia borghese, quindi abbastanza facoltosa, di origine ebrea.

Anch’essa scopre da giovanissima la passione per la scrittura e quando riesce a entrare al Newman College di Cambridge (!) diviene la voce viva e passionale di ideali femministi per nulla offuscati dalla sua identità religiosa, anzi rafforzati, dando alla luce racconti satirici e ironici, improntati soprattutto su una certa insofferenza alle consuetudini.

Nei suoi scritti Amy è sì fiera e orgogliosa del suo retaggio, ma al tempo stesso lo avverte come soffocante, come limitante del suo essere in primis persona e in secondo luogo donna.  

Ecco che Reuben Sachs è il suo libro di maggior rilievo, dato a noi lettrici da una strabiliante Darcy edizioni. Chissà se del tutto consapevole del grande atto di coraggio nel proporre non solo una mirabile opera letteraria, ma anche un modello femminile che oggi più che mai cozza con la nostra interpretazione di femminismo e soprattutto di donna.

Ci troviamo di fronte ad una società post moderna più vittoriana del 1862, è una mia convinzione espressa da tempo.

Una società ancor più rigida, solo apparentemente connotata da una parvenza di libertà e di apertura. Proprio la destrutturazione dei confini, sia simbolici e culturali che fisici, ha portato a una sorta di irrigidimento delle convinzioni che hanno trovato rifugio in deleterie convinzioni mutate dai tempi scientificamente più oscuri.  

Ne è la dimostrazione lo sgarro effettuato a Galileo nella contestazione di un’ormai certa sfericità della terra. Ne è esempio la demonizzazione del femminismo, considerato una perniciosa anarchia e ne è la dimostrazione la reintroduzione di modelli femminili stantii, asettici e asfissianti, che recano l’idea di una donna fintamente posta su un piedistallo dorato, la cui unica speranza di realizzazione è l’amore, l’abbandono alle più turpi trasgressioni e una perfezione fisica che sa quasi di plastica.

Ecco che in questi tempi così strani, così retrogradi nonostante le svariate possibilità che il progresso ci offre, la nostra Amy arriva con la sua voce stridente e forse sgraziata per le nostre limitate concezioni, ma dal soave profumo di ribellione, quello che oggi tanto ci manca. Amy è più moderna, nonostante le evidenti limitazioni culturali a cui era soggetta, di tante nostre scrittrici odierne.  

Nel primo racconto Reuben Sachs si assiste a una satirica commedia dell’arte con la funzione di demolire e dissacrare la tradizionale famiglia di stampo borghese ebreo. È un’ironia diversa da quella austeniana, ritenuta quasi malvagia ma che io definisco di una lucidità assoluta quasi come se Amy stessa non facesse parte del suo tempo, ma la creatività stessa la rendesse capace di proiettarsi direttamente nel futuro.

Amy riesce a divenire estranea alla cultura che l’ha nutrita e allevata, anticipando i tempi, osservatrice non partecipante, capace quindi di una visione d’insieme privilegiata e non inquinata dal senso di appartenenza. 

Amy è più in là di questo limitato sentire:  è al tempo stesso ponte tra una cultura che si rinchiude su se stessa, un’idea di donna comoda e precisa, e una visione più ampia delle stesse concezioni. E’ capace di liberarsi degli orpelli della sua limitazione, di sciogliere i nodi della socializzazione a cui è sottomessa e di essere uno spirito autenticamente libero e quasi sovra-storico.  

La sua lucida visione ci rende partecipi di una verità che incoraggi cambiando forma e che riguarda tutte noi: una classe femminile che rifiuta un certo revisionismo della cultura, rimanendo dominata dalle leggi maschili e maschiliste della società vigente.

Ecco perché a differenza di Jane Austen, che in fondo accettava con bonarietà ironica i difetti dei suoi contemporanei, Amy appare cruda, realista e negativa, proprio perché non ne ha compassione.

In Reuben Sachs sono le convenzioni a fare da padrone, quelle che limitano l’amore a un gioco societario di simili, riservando ai tollerati una sorta di sguardo penoso. Nonostante la volontà di essere caritatevoli e probi nelle intenzioni morali, essi non accetteranno mai del tutto gli altri considerati inferiori, usati solo per accrescere il proprio senso di finta bontà.

Ecco che il sentimento celebrato da Dante diviene sottomesso alla logica del vantaggio economico, rendendo tutto il racconto una triste e patetica commedia dell’arte dove non si aggirano persone ma caricature. La conclusione è altamente innovativa: Amy non cede al diktat del lieto fine e lascia l’amaro in bocca al lettore pregno di strane aspettative, stuzzicando invece la mente di colui che vuole la cruda realtà adombrata dagli stereotipi e con un’ambientazione che rende gli stessi soffocanti e per nulla divertenti ( come invece capita nella Austen).  

La sua franchezza, le sue inflessibili verità, la sua profondità di sentimento, e soprattutto, la sua assenza di ogni singola superflua parola, fa di Reuben Sachs, in qualche modo, un classico»,

Fu così che un meraviglioso Oscar Wilde descrisse quest’opera che rientra nel paradiso dei capolavori.

Diverso e più consono alla scrittura del tempo è Miss Meredith, la cui scrittura,  fluida e quasi rigidamente contenuta nello stile vittoriano, diviene classica e raffinata, capace però di presentare l’archetipo dell’istitutrice povera ma bella, meno noioso. Tanto che con orrore la nostra eroina si paragona a Jane Eyre, madre di tutte le istitutrici capaci di farsi impalmare dal nobile pazzo di turno. Ed è in questa volontà di differire dalla struttura consueta del romanzo “da signorine” e quasi “banale” che tanto era amata all’epoca, che il tocco ribelle di Amy riprende vita: accetta sì di comporre un romanzo consono, ma il suo conforme non può addolcire né ammansire la sua vena rivoluzionaria di donna senza tempo.

In Cohen del Trinity l’argomento principe è il pessimismo wertheriano sconfitto dalla mancanza di stimoli citali e dalla sopraffazione del genio e della creatività a una quotidianità noiosa, soporifera e incolore. Frutto del racconto è il diario di una ragazza normale, dalla vita piatta e senza stimoli, in cui però appare brillante il tema dell’estetica ( tanto moderno per noi, oggi) in cui solo l’apparenza è il biglietto da visita per la realizzazione personale, dove solo i belli hanno successo, si innamorano e sono amati, invidiati dal volgo e capaci di divenire modelli per la formazione emotiva di molte giovani. Ecco che la bellezza da valore diviene gabbia, isolando le imperfezioni, le sole capaci di colorare la vita, definendole abomini. È solo la perfezione a ogni costo il vero biglietto per il paradiso, fino a che diventi ossessione, e dominazione. Non esiste più il volto ma un solo omologato prodotto pubblicitario. 

Vi sembrano temi tanto distanti dal nostro vivere quotidiano?

L’attualità di Amy è sconvolgente, tanto che il tempo sembra fermarsi e lo scritto diviene storia attuale, donando e arricchendo la nostra mente abituata all’immediatezza, agli agi e alle seduzioni di un pensiero che affonda le sue radici nell’inconscio che l’immediatezza stessa vuole azzittire. Ed è in quella capacità di osservare le paretiane radici non logiche dei nostri valori, che si cela il segreto per ottenere un vero progresso morale, etico e culturale. Chi affronta la verità in modo realistico, crudo e meno edulcorato, ha la capacità di modificare alla radice gli assunti spesso eccentrici e convenzionali di una società che sta cercando semplicemente il suicidio.

Giudizio:

Classificazione: 5 su 5.

Alessandra Micheli

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